Ponte sullo Stretto. Falsa partenza, non tutti i mali… Ecco il terno secco sulla ruota di Palermo (e Messina)

7, 3 e 21 sulla ruota di Palermo. Se non l’avete ancora fatto, correte al botteghino. Però non prendetevela se non indovinate il terno secco. I numeri non li abbiamo avuti in sogno e non sono stati “smorfiati” da esperti. Sono solo un omaggio ad un evento che è passato inopinatamente in sordina: l’anteprima della prima pietra del Ponte sullo Stretto. Sette operai e tre ore di lavoro, nessuna autorità presente per una pagina di storia siciliana destinata ad essere ricordata. L’Isola perde l’insularità, il Continente si avvicina alla sponda Sud, lo Stivale s’allunga, Cariddi e Scilla s’accoppiano e non succede quasi niente.
Va bene, Silvio è ad Arcore per ordine dei medici, il Ministro non se l’è sentita di rubargli la platea, ma questo non giustifica un bel niente. Non sono stati resi noti i nomi degli operai presenti.
Chi ha dato il primo colpo di piccone e dove?
Com’è stato calcolato il tempo e da chi? Chi ha assistito alla picconatura, per quanto tempo e con quale animo? Sono state scattate fotografie? Quante e da chi? Se sì, dove sono finite?
E’ stato adottato un timer speciale per le tre ore di lavoro a suggello di una giornata indimenticabile?
Il Ministro delle infrastrutture, Mattioli, si è tenuto in contatto con i picconatori?
Gli interrogativi non si fermano qui, ma facciamo il punto. Non si è capito che si stava facendo la storia, altrimenti è incomprensibile.
Le giustificazioni appena sussurrate non giustificano un bel niente. Se si riteneva che non si trattasse di un vero e proprio avvio dei lavori, allora perché promuovere questa giornata irripetibile? Si è sopravvalutato e poi sottovalutato l’evento? Qualcuno se n’è vergognato per tempo?
Non sappiamo cosa pensare. Il fatto è che ci sentiamo come chi ha ricevuto la promessa di matrimonio e poi il giorno delle nozze, si trova solo davanti al prete dopo un’attesa lunga una vita intera.
Rammarico, sconcerto, frustrazione. Che dire? Un’occasione mancata. Ancora una.
Che sia l’ultima.

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